domenica 5 febbraio 2012

Servono politiche efficaci di protezione ecologica del mare

di Stefano Carmassi

In queste ore continuiamo ad assistere increduli al lento naufragio della nave da crociera Concordia in prossimità del porto dell’Isola del Giglio sita nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, dove alle vittime già identificate si sommano una ventiquattro di dispersi. Una vicenda terribile che ci porta a fare molteplici riflessioni sui trasporti marittimi attraverso le zone marine protette, e ci richiama all’altro caso avvenuto il 17 dicembre nel tratto di mare fra Livorno e l’Isola di Gorgona dove una nave cargo perdeva circa 200 fusti di monossido di cobalto e molibdeno. Due episodi a distanza di pochi giorni che ci narrano di imperizie, superficialità e fors’anche dolo e pone interrogativi urgenti su come si può condurre una nave come la Concordia come fosse un giocattolo, o sull’allegra navigazione con mare forza 9/10 del cargo Venezia seminando fusti di sostanze altamente pericolose all’interno del Santuario dei Cetacei, area marina protetta, dall’ecosistema tanto fascinoso quanto delicato e fragile. Il Santuario dei Cetacei, che si dipana fra Francia, Italia, Corsica e Sardegna, si configura come uno dei luoghi più suggestivi del Mediterraneo dove gli avvistamenti di balenottere e delfini sono molto frequenti nei circa 25.000 chilometri quadrati e che rappresentano un patrimonio di biodiversità formidabile. L’Italia a questo punto deve accelerare sulle politiche di protezione ecologica del mare, facendo accordi più stringenti con i paesi vicini e assumendo un ruolo guida nel Mediterraneo in materia di conservazione dell’ambiente marino. Dovrà anche dotare di norme attuative tutte quelle aree protette che ancora aspettano una regolamentazione definitiva.

È nota la scarsa capacità del Mediterraneo a rigenerarsi causa la poca apertura delle vie d’acqua, e il delicato equilibrio fra le economie delle comunità locali e le acque circostanti; equilibrio messo a dura prova non solo dagli incidenti navali ma anche e soprattutto dagli sversamenti quotidiani degli scarichi fognari, industriali e agricoli che immettono sostanze non biodegradabili e tensio-attive. La quantità di sostanze da rifiuti industriali come cadmio, piombo e arsenico, gli idrocarburi sversati durante i lavaggi delle cisterne delle petroliere, i fertilizzanti chimici e i liquami di origine animale  che arrivano al mare attraverso le vie d’acqua hanno raggiunto ormai livelli insostenibili. Tutto questo ridisegna in peggio il paesaggio marino, uno degli ultimi beni comuni rimasti dopo lo scippo del paesaggio costiero ad opera di cementificatori e speculatori di ogni risma e patria. In questa situazione diviene urgente una messa in rete più forte delle associazioni che hanno nelle loro finalità la difesa dell’ambiente, del paesaggio e degli ambienti marini e costieri. L’Arci e le sue basi associative dispiegate lungo tutta la costa italiana possono assumere un ruolo importante nella promozione della tutela ambientale e marina, nell’elaborazione di esempi di micro-economie locali legate al mare, nel raccogliere e dare voce alle innumerevoli vertenze che quotidianamente si presentano, e nella costruzione di nuovi orizzonti di senso.

Info: viareggio@arci.it

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